martedì 5 maggio 2015

Ouverture alla milanese.

Manhattan. 1979. Di e con Woody Allen. Uno dei miei film preferiti. La storia è un semplice triangolo amoroso condito da una serie di qui pro quo, ma è proprio quando la storia è più semplice che si vede la grandezza di un regista, qui molto simile a un compositore. Perché se la storia è trascurabile, la forma, la messa in scena, il ritmo, lo studio dei personaggi, insomma l’orchestrazione è grandiosa. Woody somiglia a Verdi e, anch’egli amante della lirica a cui il cinema deve molto, apre il film con una classica ouverture. Come in un’opera l’ouverture serve a descrivere con veloci pennellate l’ambiente in cui si muoverà la storia.
L’ambiente è quindi quello di una metropoli, un luogo artificiale, grandioso o misero, amato e odiato in cui convivono migliaia di persone dai destini più diversi, dalle strade divergenti e spesso solitarie.
Ecco tutto questo è anche dove un po’ dove vivo io e la recente trasformazione di Milano in una città più alta e moderna era già di per sé una storia visiva che valeva la pena di registrare.
Così, con la scusa di testare nuove “armi”, ho avuto l’occasione di visitare luoghi e angoli che mi erano sconosciuti, punti di vista spettacolari e bizzarrie architettoniche.
Pensato come uno spezzone di un film più lungo, rimane, per il momento, un remake omaggio a un film e a una città che anzi sono due.



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