(The three days of Polly).
Sono stati tre giorni ricchi di incontri e non, con qualche momento di pathos ed eventi che posso narrare ormai solo in ordine sparso. Il mio cervello con processore di terzultima generazione ora ha il problem di ritrovare un italiano decente dopo appena 10 giorni di inglese indecente (anche se tutti con cortesia britannica mi dicono che is very good).
Ad ogni modo posso dire che tra le 101 cose che vale la pena di fare prima di morire c'è senz'altro il vedere i 400 colpi di Truffaut nel cinema interno al King's College. Come si intuisce dalla foto la versione era ovviamente in francese con sottotitoli in inglese, praticamente il top. Il cinema faceva invidia a molte nostre sale... Ed era il cinema del college... Free entrance per altro. Grande cosa. Ogni Lunedì alle 5. Appena uscito mi sono imbattuto invece in un movie che stavano girando in grande stile in una stazione del metrò abbandonata. Sono entrato sul set bello sicuro e con altrettanta sicumera sono stato placcato da una guardia che in scozzese mi ha raccontato gentilmente cosa stavano facendo. Credo di aver intuito che stessero girando un thriller con chi sa quale grosso nome etc. etc. ma se volete perfezionare l'inglese non andate a farlo a Edimburgo perché è come se voleste imparare l'italiano a Orzinuovi, provincia del bresciano che conosco bene.

Su indicazioni di una ragazza molto carina e simpatica mi sono iscritto a un gruppo di discussione sulle proprietà intellettuali ritrovandomi il giorno stesso all'interno di una società (o casa discografica?) che curava l'immagine di gente tipo Eminem, Prince etc. Qui sono stato gentilmente condotto a una tavola rotonda con il discografico di Springsteen e un altro tizio che si occupava di altri famosi cantanti. Con un certo imbarazzo mi sono seduto in mezzo a un gruppo di artisti indipendenti che si chiedevano come cavolo si può aver successo senza entrare nel sistema. La risposta onesta del discografico di Bruce è stata: bisogna averci il Culo. Ovviamente il discorso si è fatto molto complicato e io temevo che da un momento all'altro l'avvenente velina mi passasse il microfono con risultati fantozziani:
Io: Hi, I'm Alex from Italy.
Tutti: Hi Alex!
Io: Well, that's all. Where is the loo?
Tutti: Thank you Alex! The loo is the first door on the right (as usual).
Scampata l'interrogazione di inglese con la scusa dell'alluce valgo mi sono diretto verso un ristorante indiano molto molto molto cool... Temevo che la mia ancora sconosciuta amica carina e simpatica mi avesse invitato in qualche posto molto chic con pesanti ricadute sull'economia interna, invece l'Indian Club in zona Temple è un posto che ricorda l'osteria di Gigi il troione nell'india post coloniale. Camerieri che ti trattano a Pesci in faccia e cucina ottima a pochi pounds in un'atmosfera bizzarra e decadente, in cui il bere te lo devi portare tu dal bar di sotto. Grandissimo posto!
Giuria: 9 al locale e 10 alla compagnia.
In questi tre giorni ho aggiunto anche un notevole capitolo al Great Book of Bidoni (qui si legge Baidoni). Questo famoso libro è scritto a quattro mani: due sono le mie, ma cercano di scrivere il meno possibile, le altre due sono di tutti gli altri che nella vita in un modo o nell'altro mi hanno bidonato.
Spoiler Warning: attenzione le righe seguenti mettono in luce l'ego permaloso dello scrivente.
Qualche tempo fa ho parlato di una attrice dalle fattezze, almeno via internet, simili a Marlene Dietrich. Ebbene, la presunta Marlene, nonostante ripetute conferme ha pensato bene di lasciarmi un'ora e mezza a gelare all'angolo con la stazione di Covent, noto anche come The Amudsen Corner per i venti polari che tirano.
Ora ciò che più mi ha deluso non è stata la buca, che nella vita ci può stare, ma l'assoluta mancanza di fantasia a giustificazione della stessa. Quando la Dietrich si è finalmente fatta viva sul cellulare a parte dei poco sentiti “sorry” non ha saputo dire nient'altro che “me ne sono talmente dimenticata, per via di un'audizione domani”.
Figa, ti vendi come attrice? Da te mi aspetto almeno delle sapide improvvisazioni tipo che ti è morto per la seconda volta il cane (lo stesso cane), oppure che c'è stata una piaga bibilica nel tuo soggiorno (dove sono finite le Buone Vecchie Cavallette di una volta?). Niente. Allora ti vuoi del male.
And now the jury shows the scores:
Presenza: 0
Improvvisazione: 1
Divismo: 3*
Media: un pregevole 1,33 periodico.
* Anche per il divismo la nostra giuria è stata bassa adducendo le seguenti motivazioni:
a) per fare atti di divismo devi essere una diva, cioè almeno partire dalla Hilton a salire (scendere non si può).
b) un vero atto di divismo si fa non presentandosi sul set con tutta la troupe pronta a girare la scena madre, non facendo aspettare un regista sconosciuto a un angolo di strada (seppur strada nota).

Io: Hi, I'm Alex from Italy.
Tutti: Hi Alex!
Io: Well, that's all. Where is the loo?
Tutti: Thank you Alex! The loo is the first door on the right (as usual).
Scampata l'interrogazione di inglese con la scusa dell'alluce valgo mi sono diretto verso un ristorante indiano molto molto molto cool... Temevo che la mia ancora sconosciuta amica carina e simpatica mi avesse invitato in qualche posto molto chic con pesanti ricadute sull'economia interna, invece l'Indian Club in zona Temple è un posto che ricorda l'osteria di Gigi il troione nell'india post coloniale. Camerieri che ti trattano a Pesci in faccia e cucina ottima a pochi pounds in un'atmosfera bizzarra e decadente, in cui il bere te lo devi portare tu dal bar di sotto. Grandissimo posto!
Giuria: 9 al locale e 10 alla compagnia.
In questi tre giorni ho aggiunto anche un notevole capitolo al Great Book of Bidoni (qui si legge Baidoni). Questo famoso libro è scritto a quattro mani: due sono le mie, ma cercano di scrivere il meno possibile, le altre due sono di tutti gli altri che nella vita in un modo o nell'altro mi hanno bidonato.
Spoiler Warning: attenzione le righe seguenti mettono in luce l'ego permaloso dello scrivente.
Qualche tempo fa ho parlato di una attrice dalle fattezze, almeno via internet, simili a Marlene Dietrich. Ebbene, la presunta Marlene, nonostante ripetute conferme ha pensato bene di lasciarmi un'ora e mezza a gelare all'angolo con la stazione di Covent, noto anche come The Amudsen Corner per i venti polari che tirano.
Ora ciò che più mi ha deluso non è stata la buca, che nella vita ci può stare, ma l'assoluta mancanza di fantasia a giustificazione della stessa. Quando la Dietrich si è finalmente fatta viva sul cellulare a parte dei poco sentiti “sorry” non ha saputo dire nient'altro che “me ne sono talmente dimenticata, per via di un'audizione domani”.
Figa, ti vendi come attrice? Da te mi aspetto almeno delle sapide improvvisazioni tipo che ti è morto per la seconda volta il cane (lo stesso cane), oppure che c'è stata una piaga bibilica nel tuo soggiorno (dove sono finite le Buone Vecchie Cavallette di una volta?). Niente. Allora ti vuoi del male.
And now the jury shows the scores:
Presenza: 0
Improvvisazione: 1
Divismo: 3*
Media: un pregevole 1,33 periodico.
* Anche per il divismo la nostra giuria è stata bassa adducendo le seguenti motivazioni:
a) per fare atti di divismo devi essere una diva, cioè almeno partire dalla Hilton a salire (scendere non si può).
b) un vero atto di divismo si fa non presentandosi sul set con tutta la troupe pronta a girare la scena madre, non facendo aspettare un regista sconosciuto a un angolo di strada (seppur strada nota).

Nella foto alexthecat: una bella volpe. Anche lei se la tira, ma non manca un appuntamento.
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