lunedì 7 febbraio 2011

Indagine su un cittadino al di sotto di ogni sospetto.

Ci sono dei vantaggi ad essere passati al digitale terrestre? Sicuro. Ad esempio puoi vedere Rai 1 in HD così il contrario della verità è più veritiero. Oppure puoi perderti nei 1100 canali locali di cui un terzo comprati dalla Moratti che dice che Milano la vuole “così”, ma senza immigrati. Una specie di cesso piena di led colorati, ma senza la gente colorata. Oppure puoi vedere Rai Storia che parla quasi costantemente dei nazisti e addormentarti durante l’operazione Valchiria. Ma i veri bisogni indotti nascono da alcuni capolavori dell’animazione post moderna tipo “Mucca e pollo”, “Leone cane fifone” e “Johnny Bravo” su cui bisognerebbe aprire un corso di laurea dal titolo “Macroeconomia dei sistemi e fuga dalla realtà”.
Durante uno di questi zapping destrutturanti che fanno sembrare blob un racconto di senso compiuto ho rivisto un paio di film di Elio Petri e mi sono chiesto cosa potrebbe fare oggi uno come lui di fronte all’autoridicolizzazione del potere. Perché anche la satira ha dei limiti di fronte a cui si gratta la testa e si chiede se ha ancora una funzione distruttiva/creativa. Albanese rischia di essere troppo moderato e già antico quando basta sentire parlare, per dirne una, la Santanché per capire che non c’è commedia capace di scalfire queste figure di un livello talmente basso che ci si imbarazza a pensare che ci possa essere un piano inferiore. Perché la satira deve in primo luogo riconoscere l’obiettivo, in un certo senso rispettarlo o accettarne un’apparente rispettabilità per poi colpire. Se la realtà però supera ogni più perversa fantasia che cosa resta alla satira se non accertare lo stato delle cose? C’è persino il rischio che il racconto deformato delle cose sia migliore delle cose stesse. E‘ una domanda che mi pongo ora che stiamo girando un corto che, anche se solo di striscio, parla dell’iperattualità e mi accorgo che alcune battute che dovevano essere un po‘ ciniche e spietate sono diventate quasi dei complimenti. E‘ spiazzante. Dici a uno: “sei una merda”. E questo ti ringrazia perché gli hai fatto un complimento.


Forse allora il processo deve essere inverso. Bisogna mostrare un po‘ di pietà verso noi stessi e non credere di essere arrivati così in basso. Restituire un po‘ di dignità a queste tristi figure, se non altro per un senso istituzionale di appartenenza a una comunità. E‘ la famosa pietà verdolina. Quella che ti viene quando infierire ti sembra così inutile da sembrarti autolesionista. Non infierisci perché anche tu sei parte dell’umanità e se non vuoi squalificarti troppo l’arte la metti al servizio di una fiction in cui la cacca puzza di meno e non di più (perché di più sarebbe impossibile). Era più facile un tempo quando si poteva ridicolizzare il potere senza ridicolizzarsi. Ora è il potere che ci ridicolizza, siamo noi ad essere satirizzati e quando ci invitano a cena dal Presidente non è un suono d’arpa ad accompagnarci... 






 

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