mercoledì 24 novembre 2010

A serious man - Secondo parere.




Spoiler alert: chi non ha visto il film rischia di trovare pezzi di trama svelati.

Quando vidi per la prima volta “A serious man” dei Coen ebbi la sensazione di aver visto un bel film, ma di non saper spiegare perché mi fosse piaciuto.
La seconda visione mi ha dato qualche indizio in più e rafforzato nella convinzione che effettivamente era proprio un bel film.

La cosa interessante di questo film è che non disegna dei percorsi per lo spettatore ben precisi e quindi ci si possono vedere cose molto diverse o, come è capitato a molti miei amici, non vederci proprio nulla.

La mia versione è che sia un’elegante presa per i fondelli dell’Antico Testamento e della visione che in esso è contenuta del castigo e del peccato.

Se in crimini e misfatti di Woody Allen eravamo in presenza di delitti senza castigo qui, al contrario, siamo in presenza di un castigo per ogni genere di delitto (e forse anche senza alcun delitto), quasi una maledizione che perseguita una famiglia (e chi li frequenta) dai tempi più remoti.



Tutto inizia infatti con un cortometraggio apparentemente separato dal resto del film in cui un presunto spirito (maligno?) viene scacciato dalla casa di una coppia molto coscienziosa (serious). Chi avvia il disastro che prosegue nei secoli a venire è naturalmente una donna, come da copione biblico. La parabola principale contiene altre micro parabole (quasi una per ogni tipo di peccato capitale) in cui il fato si accanisce con punizioni sproporzionate secondo un disegno spietato e incomprensibile.

I tre rabbini interpellati nella migliore delle ipotesi danno risposte degne di una cartomante. Il mega rabbino capo, il più saggio di tutti, come unica risposta cita una canzone dei Jefferson Airplane (quando la verità si dimostra menzogna e tutta la tua gioia nei tuoi occhi muore...). E’ il simbolo più tragicomico di una fede che non sa dare alcuna risposta concreta sull’indeterminatezza della nostra vita.

Non ci resta che provare ad allontanarci dal mondo terreno e guardare le cose da un altro punto di vista, possibilmente rialzato. Anche io sono salito, come il protagonista, sul tetto di casa. Qualcosa di più ho visto, ma era sempre in basso.

 

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