mercoledì 9 settembre 2009

Che cosa succede quando niente succede?

Aprendo i giornali, poco dopo i pettegolezzi di palazzo, si continua con i pettegolezzi lagunari sulla mostra del cinema di Venezia.
 Ci si potrebbe chiedere cosa avranno mosso nell'animo di Fabrizio Corona e Flavio Briatore film come Baaria e Il grande sogno.

FC – Eh Flavio questo sì che è cinema cinema.
FB – Cinema con la C maiuscola. Dopo questi film uno potrebbe anche morire.
FC – Bella frase. Quasi quasi me la tatuo su una chiappa. “Flavio che tu possa morire dopo questo film”.

I due hanno aperto un centro studi sulla civiltà dell'immagine sul Billionaire galleggiante, un panfilo a cui possono accedere solo ragazze “dalla terza in su”.  Su internet c'è già un programma da far invidia a Frattocchie la ex scuola quadri del PCI. Si inizia con il convegno “cosa succede quando niente succede”?

In principio effettivamente pare fosse il Nulla. Poi il Nulla non poteva restare tale a lungo altrimenti nessuno lo avrebbe riconosciuto alle feste. Si decise quindi di fare un po' di casino mettendo in piedi l'Universo con annessi e connessi. Il concetto di tabula rasa mi ha sempre affascinato. Non esiste un vuoto che prima o poi non venga riempito, ma più interessante è il fatto che senza un vuoto non c'è niente da riempire. Quindi ciò che è già pieno deve forzatamente svuotarsi. Forse è semplicemente per questo che si muore. Per creare un vuoto da riempire. Con questo pensiero, non del tutto consolante, mi sdraio sul letto e guardo il soffitto. Sul soffitto qualcuno ha scritto: “cosa succede quando niente succede?”.

E così il capo ha messo il cappello anche ai film “de impegno”. L'importante è che parlino di un tempo passato e di cocenti delusioni. Del resto se uno compra tutto compra tutto, anche le idee. Le delusioni poi si sa lasciano un vuoto. Un vuoto che presto deve essere riempito. Un po' come questa bottiglia di birra che ho di fronte. Sotto il tappo ci ho trovato una scritta un po' enigmatica: grande concorso “cosa succede quando niente succede?” Telefona al n.xxxx, potresti vincere un niente da capogiro.

Pure a me piace giocare con i vuoti. Mi piace l'estate proprio perché sembra un fermo immagine, un arrestarsi del tempo, un'epitome della sottrazione. In questo tempo fuori luogo aspetto che arrivi qualcosa.  Ad esempio una sceneggiatura. Non so se sia cinema cinema, cinema alla seconda, cinema + o cinema estremo. Se fosse pittura pittura ricorderebbe “i pesci rossi” di Matisse. I personaggi si sentono in uno spazio ristretto circondati da sogni che forse non sanno bene che forma abbiano. E probabilmente non lo saprà nessuno, perché al sottoscritto sfugge totalmente il meccanismo con cui si realizza un film lungo allo stesso modo in cui Eva Mendes ignora il mio numero di telefono. Così la risposta al quesito che tormenta il centro studi Briatore&Corona è banalmente: niente.

(Nella foto Venezia-Matisse, Eva Mendes cerca di ricordarsi il mio numero di telefono).

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