lunedì 30 marzo 2009

Dogmi, grammatiche e infrazioni... Con domanda di fondo irrisolta.
Inutili riflessioni a proposito del montaggio.

Mi è capitato in passato di dover editare eventi sociali tipo feste, matrimoni, concerti etc...

Per la verità di matrimonio ne ho girato solo uno per amicizia e con estrema fatica mentale promettendomi di non ripetere mai più l'esperienza. Ovviamente, per un pregiudizio ideologico che mi fa assumere tale evento come una sorta di avvelenamento del gusto, ma è un problema mio e del mio analista. Problema che a suo tempo risolsi con un montaggio eclettico che iniettava dosi di fiction all'interno di una storia reale con lo scopo di alleggerire il carico di insignificanti che il momento portava in sé.

Ora, recentemente, mi sono ritrovato a montare altri eventi reali, ossia avvenimenti costruiti da altri sceneggiatori (la vita, il tempo, i parenti, la meteoreologia) e su cui non si ha il controllo apparentemente totale che si crede di avere quando ci si mette a scrivere una propria sceneggiatura.

Anche in questi casi il montaggio mantiene la sua forza di riscrittura degli eventi ed è ciò che più mi piace di questa fase cinematografica. Essendo un linguaggio “modale” esso può seguire anche nuove regole da noi inventate. C'è sempre il rischio di uscire dal figurativo e finire nell'astratto, ma è un gioco molto divertente provare a dogmatizzare una tecnica e vedere cosa succede. Alla peggio il pubblico rimarrà basito e noi potremo darci la patente di artisti incompresi in un meraviglioso vittimismo autogratificante.

Ecco quindi il dogma che ho provato a seguire negli ultimi montaggi:

1) rispettare l'unità di tempo, luogo e azione;
2) lasciare che la storia si racconti da sola quindi: pochi titoli, niente grafica, estrarre dal contesto le indicazioni spazio-temporali;
3) seguire la cronologia degli avvenimenti... Tentare un montaggio in camera;
4) luce naturale, solo aggiustamenti sul colore che riguardino starature nel bianco e nel nero;
5) tagli secchi;
6) la musica detta il ritmo dei tagli;
7) camera a mano, movimento sensibile.

Fissato il dogma su sette regole, il bello è raddoppiarle trasgredendole, ma non troppo, altrimenti si finisce in un altro dogma o nel dogma di qualcun altro.

Al termine solo una domanda resta sospesa: può il bello essere morale?
(Nella foto: l'automontaggio, quando il film si monta da sé).

 

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