giovedì 15 febbraio 2007

INCONTRO ALLA FINE CON OTTIMISMO

Se ti capita di passare un pomeriggio alla Tate Britain, poi ti capita di uscirne e di restare con il Vecchio Turner negli occhi. V.T. per gli amici. V.T. sembra abbia dipinto il cielo sotto cui insisto mentre risalgo il lungo fiume verso la Battersea Powestation.
E penso.
Ogni tanto mi capita. Cose assolutamente banali e minimali. Cose del tipo: al giorno d'oggi (è sempre bene iniziare un pensiero minimale con un attacco tra i più ovvii) non esiste quasi più nulla di veramente avventuroso. V.T spennellava umani alle prese con Terribili Avversità naturali, ma come avrebbe reso la solitudine del cittadino medio in una città di 12 milioni di abitanti?
Mentre mi alambicco in sì profonde meditazioni una ragazza mi sorpassa saltellando nella sua assurda tuta da jogging.
E penso.
Due cose. Uno: bel culo.
Due: come avrebbe reso il Vecchio Turner l'insensato su e giù dei corridori e la Rischiosa Insidia che si cela ad ogni passo della Storta alla Caviglia?
Forse neanche Turner ce l'avrebbe fatta e se fosse nato un secolo e mezzo dopo farebbe l'assicuratore. JMV Turner assicurazioni. Ci sta. Non dico che non avrebbe dipinto. Anzi. Me lo vedo. Autoritratto al telefono mentre cerca di convincere la signora Watson a stipulare una polizza nel caso in cui il suo feroce bassotto azzannasse un vicino. Il soggetto è piccolo, appenna accennato, in tre tocchi ecco la cornetta del telefono. Tutt'intorno un paesaggio fosco sui toni del grigio si schiarisce fino a quasi scomparire, lasciando il protagonista solo contro le parole della signora Watson. Dettaglio fino e sfocatura. Non è proprio come descrivere il ciclo di Enea e Didone o immaginarsi un drago serpiforme sulle rive di un lago, però sono sempre avversità. Penso.

Nei quadri alexthecat: St.Paul and Battersea Power station, pixel su schermo.

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