martedì 1 luglio 2014

Doppio post, doppio piacere?

Quando la mente viaggia il corpo (è meglio che) st(i)a fermo.

Si accennava nella puntata precedente al progetto Mind Trips. Il primo viaggio mentale lo vogliamo dedicare a un grande classico del cinema ossia “Intrigo internazionale” (orig: North by Northwest), un film a cui Mereghetti darebbe l’etichetta di “cinema puro” per distinguerlo forse dal cinema con delle impurità. Ma tornando ai nostri viaggi chi non ha mai voluto reinterpretare un grande classico in qualche sua scena cult? Io per esempio ne potrei fare una decina di scene cult imparate a memoria, ma l’effetto sarebbe quello di un coreano che canta Albano al karaoke e quindi ve la risparmio. Le recito a casa mia, da solo, al buio. Qui però, con l’aiuto della video proiezione possiamo trasformare chiunque in un Cary Grant che corre a perdifiato in mezzo a alle piantagioni rinsecchite per sfuggire a un biplano che lo vuole eliminare. Una scena che ha un tal senso del surreale che un regista che tipicamente ama il surreale come Kusturica le rese omaggio in Arizona Dream dove Vincent Gallo mima la scena di fronte a un pubblico un poco perplesso. La scena fa molto ridere anche nell’originale, specie per come va a finire. Noi qui ricostruiamo ogni cosa da zero: dal biplano, trovato affinché fosse il più simile possibile, alle ambientazioni. Ci manca solo Cary. Di seguito una foto “test” e la scena originale.



In the face of owls we are 4K ready!

Alla faccia dei gufi è un’espressione che per significato ha lo stesso peso di “cinema puro”, ma con l’aggiunta di pennuti dalla faccia buffa. Alla faccia dei gufi, dicevo, siamo arrivati anche noi ai 4K. Nell’ultimo quindicennio, abbiamo assistito all’inseguimento del digitale sulla pellicola, tecnologia vecchia di più di 100 anni, ma con qualcosa ancora da dire. Nella fascia alta del mercato da tempo il digitale ha sostituito egregiamente l’analogico, con notevoli vantaggi pratici, ma anche livelli qualitativi superiori. Nella fascia di mercato medio bassa si è assistito a diverse svolte. Nel 2002-2003 ricordo l’uscita della Panasonic DVX100 che per i filmmaker indipendenti (leggi squattrinati) divenne un totem perché per la prima volta si riproduceva la cadenza della pellicola in un prodotto dal costo “contenuto” di 4.000 euro circa. Poi arrivò l’HD, il Full HD, le DSLR oggetti sempre più raffinati a costi sempre più accessibili. Dopo una fugace infatuazione per il 3D, fortunatamente già finita, è arrivato il momento del 4K ossia di immagini che hanno una base di tra i 3840 e i 4096 punti per un’altezza di 2160 punti. In pratica se prima i video avevano una densità di pixel di 2 mega pixel per ogni fotogramma, ora la densità è di 8 mega pixel, ossia 4 volte maggiore. I gufi a questo punto si chiedono: sì ma se la TV va per lo più manco in full-hd che senso ha spostarsi sul 4K? I mondiali ultimi sono stati ripresi in 4K per dire, ma quanti li hanno visti in 4K? Praticamente nessuno. I gufi hanno le loro ragioni eppure ai loro grandi occhi gialli non dovrebbe sfuggire il fatto che riprendere in 4K offre numerosi vantaggi. Tipo che banalmente il dettaglio è molto più alto anche se visto su un tv full hd. Tutte quelle cose che finiscono in -ine, -elli, -ume come le foglioline, i ramoscelli, le piume con il 4K si esaltano. Vi è poi uno spazio di “reframing” notevole. Visto che per molto tempo il formato di distribuzione sarà ancora il full hd, un filmato girato in 4K può essere riposizionato, ingrandito e rielaborato con tolleranze prima disponibili solo con la pellicola. In pratica, è ciò che al momento si avvicina di più alla pellicola in termini di grana e risoluzione. Almeno finché non arriverà l’8K. Così 12 anni dopo la DVX100 Panasonic torna a dare un giro di vite alla nostra vita di filmmaker buttando sul mercato la GH4, la prima camera che registra in 4K internamente a un costo intorno ai 1.500 euro. Noi l’abbiamo testata e ci è piaciuta assai. Così come ci piacciono molto i gufi.

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