
(sull’importanza di dove cade l’aggettivo).
La stessa regola aurea si può applicare a un film con un’aggiunta fondamentale: che un lungometraggio oltre il 100esimo minuto deve essere proprio un capolavoro per riuscire a non sfinirti. Se solo rientra nella categoria dei “carini” o “non male” dopo il centesimo minuto la sensazione che la tua vita si stia esaurendo in una sala buia diventa intollerabile.
Ieri, in un tipico clima da fine agosto tra amici, abbiamo contato solo 6 film degni di superare i 100 minuti (io credevo ce ne fossero solo 3, ma sono un noto pessimista e un grande amante della concisione).
Così quest’estate per due volte sono finito là dove l’aggettivo cade sempre più spesso, ossia dopo anziché prima del sostantivo. Il seguito della “Maledizione della prima luna” visto in lingua originale in una bella sala di Berlino è stata piacevole fino al famoso 100esimo minuto, poi un senso di stanchezza e oppressione mi hanno colto. Sete, fame, bisogno di mingere diventano esigenze che superano qualsiasi capriola o battuta spesso ripetuta per la quarta volta dal regista Joe RidonDante di turno. In tal modo il film si trasforma in una lenta tortura a cui non puoi sottrarti, o meglio potresti, ma siccome da quando si è nati siamo curiosi come gatti della fine, si resta aggrappati alla sedia come ad uno scoglio in tempesta gemendo e soffrendo fino al liberatorio schermo nero con nomi e cognomi… Liberatorio poi non più di tanto perché la maggior parte dei film non solo non recano più la benedetta parola “fine”, ma spesso danno il meglio di sé proprio durante o dopo i titoli di coda. Così, con la vescica ormai tesa come un pallone aerostatico, per non passare per “il Fesso che si è perso il finale di x-men
Questa tendenza all’infinito non è solo tipica dei filmoni blockbuster americani (già tremo al pensiero di Superman returns che si vocifera duri 154 minuti), ma persino dei film indipendenti canadesi come il simpatico “C.R.A.Z.Y.”, 127 minuti che sembrano 3 mesi, tanto che all’uscita ci pareva fosse già Natale e ci siamo scambiati gli auguri per il nuovo anno. Ora considerando che ogni minuto di film costa soldi, ma soprattutto una fatica immensa in termini di energie attoriali, registiche, montaggio, etc. mi sfugge il meccanismo dilatatorio che oltretutto sembra andare contro le regole del mercato e del consumo che regge la civiltà occidentale. Tutti cercano di farti mangiare di più, telefonare di più, guidare tre auto contemporaneamente e il cinema invece di moltiplicare gli spettacoli con film più brevi per la gioia degli esercenti fabbrica dei mattoni interminabili che ti costringono a impegnare l’agenda per una settimana. Ora finché si va contro le regole del mercato si potrebbe anche essere felici, ma ci sono regole di buonsenso e di economia delle immagini e della storia che sono scritte nel nostro dna e per le quali devi darmi delle stramaledette valide ragioni per tenermi chiuso in un buco nero seduto su una poltrona mochettata per più di 100 fottuti minuti della mia Unica e Breve Vita.
Cazzo.
(foto Alexthecat).
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