mercoledì 14 gennaio 2004

Di finire al Franco ...

Di finire al Franco Parenti m’è capitato a conclusione di una giornata quadrata, ventosa e breve. C’era la promessa di “Un Dì Felice”, e questa era l’autorizzazione chiara per trascinarmi dietro Gyorda che Fairy Tails l’ha conosciuta a teatro ma ha capito subito che c’entrava il cinema, “E allora fammelo vedere, ‘sto cinema, no?”. Sì.

La raccatto a P.ta Romana che s’è persa il moccolo su una bancarella, con Mayetta che paga non-so-quante VHS di Lady Oscar. Quindi siamo in tre, e vederlo m’allunga la giornata. Che bella cosa.

La vuoi una sigaretta?, Prendiamo per Viale Montenero e poi giriamo per Pier Lombardo, Mi passi l’accendino?, Cazzo sarà mica un teatro, questo?, Maya non fuma, Mangerai con noi, dopo?, Ho due ore poi torno a casa a lavorare, ma riesco a parlare con ‘sti qui che a me interessa il montaggio?.

Boh, penso. Ma non glielo dico. Pier Lombardo sta impalato dove non-pensavo, ci ficco dentro un piede, sento voci, qualcuno ride, al naso mi sale la polvere e il silenzio della distanza, Dove cazzo stanno a chiacchierare?, Ma si potrà fumare qui dentro?, Qui non c’è un cane, “Scusate, ma chi vi ha fatto entrare?”, Ops.

“Era aperto”.
“Ma chi cercate?”
Babbo Natale. Ci hanno detto che dopo aver visitato Cacoland gli hanno prescritto una riabilitazione int/est-ensiva, e veniamo a portargli i dolci della Befana.
La roba sulla Darsena, nooooooooooo?, che domande fa, Sciura!
“Avete sbagliato tutto”.
Nella vita?, Sulla vita?, Della vita?
Giro-girotondo, mica bello il mondo, rotoliamo dentro una specie di cantina rifatta. Fosse stata una donna, ci avrebbe avuto due pere così.
Monsieur Le President, che belle scarpe! Un saluto di sottofondo, e: qui si discute, e su questo non si discute; cazzo, ma perché la gente si siede a “chiazze-piccole”? Fischia, mettetevi un po’ più vicini e lasciate chiazze più larghe!
Per “Un Dì Felice” c’è tempo, dicono sta in coda (incantata?).
Giro-girotondo, passa il tempo nel tondo, e Mayetta sguscia via. Io e Gyorda ci infiliamo in una sala attigua. Rosso negli occhi, un pianoforte nero-verticale a scrutarci. Non è chiuso a chiave, immagino di pigiare un dito su un tasto nero. Immagino Gyorda, “Cazzo fai, Fe’?”. “Vecchio mio, sei un po’ conciatello pure tu”, e mi chiudo il pensiero.
E quando “Un Dì felice” comincia le sue note saluto il rosso e il nero, trascino Gyorda per la sciarpa (“Sembri il Piccolo Principe”, penso), “Sediamoci qui”, “Cazzo dici, proprio davanti alla colonna? Vai davanti”, “Cazzo, così ci finisco io davanti alla colonna!”, “Tu l’hai visto mille volte, non rompere. M’hai promesso il cinema, Fe’!”.
“Un Dì Felice” va. Non pare aspettare qualcuno. Mi sembra un soffio. “Tu l’hai visto mille volte…bla bla”. Gnè gnè gnè.
E quando è finita, si sentono voci che dicono belle cose. E mi pare pure di vedere due lucciconi, tanto forti che se era morbillo me l’ho beccavo in pieno. Cazzo hanno fatto ‘ste due stelle a entrare?, mi chiedo.
Una volta fuori, mi gelano le mani. “Allora?”, Gyorda mi scruta.
Dico due cose, ci metto dentro “isola felice”, “pancia”, “sogno” e un altro paio di fottutissime parole sentimentali.
In testa mi ci finisce la Dicky, “Intorno alla vita mi mise la cintura – Sentii scattare la fibbia – Poi se ne andò, da imperatore, ripiegando la mia intera esistenza – Senza fretta, come un duca farebbe con l’atto – che lo investe di un regno.”
La tengo per me, Cazzo c’entra?, mi chiederebbe sennò.

3 commenti:

  1. ebbene lo ammetto: non avevo ancora avuto il coraggio di affrontare il blog di fairy-tails. Equindi entro dalla porta sul retro, commentando qualcosa che ha scritto qualcuno più coraggioso di me. Ma poi sto veramente commentando? Forse sto solo ricordando, di quella serata con Feranz che mi chiama sul cellulare "Dove sei?" io che sento la sua voce in dolby surround e penso che finalmente realtà e finzione abbiano scambiato i propri ruoli e lei invece è alle mie spalle e non si è accorta di me che ravanavo con mayetta tra le vhs di lady oscar.
    Ma che teatro è il Parenti? Puoi entrarci da qualunque lato e sarà sempre e comunque il lato sbagliato.
    Lunga serata a fumare e congelarmi nell'androne suggestivo o nella saletta con le poltroncine rosse e il pianoforte... deve valere la pena, sennò...
    è valsa la pena di aspettare un dì felice e uno sguardo leggero e discreto su un angolo sconosciuto della milano da divorare. ed è valsa la pena anche l'attesa in sè, e il dopo per le vie con feranz, convinta che io non possa capire, ma io capisco anche se poi sdrammatizzo...

    RispondiElimina
  2. hm. credo che la provocazione sia un modo come un altro per attaccare. e attaccare, in fondo, e' un modo come un altro per difendersi. o, se vuoi, si provoca per dare una spinta in piu' a una risposta che ci tieni che venga... boh. come al solito mi sono persa. e credo che uno si riempia di parole per cercare di spiegare gli attacchi e le provocazioni anche e soprattutto perche' non riesce a volte a farne a meno e allora sai che casino, un senso se non lo trovi te lo inventi.

    ad ogni modo, mi piace che sdrammatizzi. mi piace soprattutto darti roba su cui sdrammattizzare (se no cazzo fai, sdrammatizzi a vuoto?).

    boh. ho la pancia (e fra un po' pure le cosce e il culo) piene di carne carne carne carne. e ho appena finito di scrivere 40 pagine su formaggi formaggi formaggi formaggi. mi sembra di essere novecento dentro la sua nave. solo che non capisco bene quando finisce la nave, e non riesco a localizzare la mia posizione rispetto al mondo. hm.
    ciao.

    RispondiElimina
  3. che poi: ci vuole mica coraggio per scrivere in un blog, dai! al massimo chiedi "permesso", e siccome nessuno avrà il tempo per dirti "no, fermati", allora è fatta, sei già bell'e che entrata.
    guarda me, no?

    ma forse hai ragione tu. ci vuole proprio coraggio :-|

    ho comprato i grisbì. ne ho mangiato solo uno. ovviamente, non so quanto resisto. se non mi fai incazzare, te ne lascio per quando torni nella famigerata city. torna prima che scadano, però :-)

    RispondiElimina