mercoledì 4 giugno 2003

e in fondo i colori che diamo alle parole, pur senza avere in noi particolari sinestesie, non s'accordano al tempo? al cielo e forse anche solo al respiro? Al vento che non riesce a spazzare queste pagine elettroniche, nascoste dietro un vetro, come noi mentre scriviamo.


Non che la danza delle dita sulla tastiera non abbia sua appropriata grazia, o che non s'apprezzi lo spazio che si slancia così vasto, con un dito apro una riga simulo una rima, mi vesto di sembianze ancora diverse. Ma, la sofferenza che sta sotto ogni nostro passo che abbia un senso, quella non andrebbe mai dimenticata.


E nemmeno quanto sia strano questo nostro ticchettio sui tasti, ed ogni lontano alieno luogo che invece ci sta intorno.


Non pensiamo mai normale ciò che è quotidiano, solo perchè ci abituiamo lentamente, come a schivare macchine o cacche sui marciapiedi o morti alla televisione.

Tanto spesso crediamo di aver fatto ciò che potevamo, ma non è così, e non è un mondo giusto ne il migliore dei mondi possibili. Così la colpa che portiamo non è un peccato originale, ma di momento in momento il cedere di ogni giuntura al banale orrore quotidiano che diventa, dolcemente fra le labbra normale. E ci fotte.

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